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Deepfake: il confine con la realtà è sempre meno chiaro

POSSIAMO FIDARCI ALMENO UN PO’?

da Matteo Pertoldi
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I Deepfake altro non sono che filmati che presentano immagini di persone trovate in internet, rielaborate e adattate ad un contesto differente da quello originario, tramite l’utilizzo di intelligenza artificiale.

Basta prendere un video originale con audio, da cui rilevare i punti chiave del volto e le tonalità vocali. Il movimento dei muscoli facciali verrà trasferito ed applicato all’immagine che vogliamo animare, grazie ad una tecnologia di apprendimento automatico chiamata Generative Adversarial Networks.

Lo stesso vale per la voce, da cui le caratteristiche principali saranno estrapolate ed in successivo momento replicate a piacimento dal creatore di deepfake.

La credibilità delle fake news

In questo modo saremo, ad esempio, in grado di creare un video di Donald Trump, facendogli pronunciare delle parole ‘sane’… In questo caso il video, per ovvi motivi, risulterebbe facilmente smascherabile, conoscendo il personaggio, ma è lampante che questo sia un enorme mezzo per distorcere la realtà ed aumentare a dismisura la credibilità delle fake news.

Ad oggi, i prodotti umani dell’intelligenza artificiale sono spesso ancora riconoscibili per via di espressioni facciali ancora leggermente innaturali, distorsioni nel video ed errori nella sincronizzazione di audio e video.

Ma i progressi fatti sono spaventosamente veloci; basti pensare a qualche anno fa, quando i primi tentativi di replica umana erano appena capaci di riprodurre semplici movimenti facciali, come aprire e chiudere gli occhi o la bocca, senza però avere tutta una serie di animazioni di micro espressioni facciali, che rendono oggi la distinzione fra uomo reale e generato dall’intelligenza artificiale, quasi impossibile.

E nei prossimi anni i deepfake, per via dell’algoritmo con cui sono progettati che apprende dai propri errori, arriveranno ad emulare perfettamente le movenze umane.

Nemmeno i massimi esperti, allora, saranno in grado di distinguere il reale dal falso e dovremo metterci l’anima in pace ed accettare il fatto di poter essere ingannati.

E potenzialmente potremmo essere stati imbrogliati da sempre, considerando che non conosciamo tutto. Sono pochi i settori in cui siamo esperti ed in grado di valutare obiettivamente la veridicità delle informazioni. In tutti gli altri settori seguiamo il principio di autorità, delegando spesso la conoscenza a fonti opinabili, apparentemente “affidabili”.

Spesso affidiamo la nostra conoscenza a delle fonti in modo casuale, per via della mancanza di capacità di giudizio data dal nostro sapere limitato riguardo ad una specifica tematica.

L’unica vera soluzione

La chiave risulta essere l’onestà intellettuale di essere consci dei propri limiti. E siccome spesso non possiamo avere la certezza di giudicare la veridicità delle notizie, l’unica vera soluzione è di delegare la propria conoscenza a diverse fonti e mai alla stessa.

L’insieme di sorgenti non dà alcuna certezza di verità, ma ne aumenta semplicemente le possibilità. È infatti improbabile che tutta la stampa mondiale diffonda un deepfake, senza rendersene conto e dandolo per vero, ma non è impossibile.

Potrebbe essere forse necessario dubitare di tutto e non dare nulla per scontato? Incappando in questi ragionamenti, si rischia di sfociare in un estremo scetticismo, che forse non è l’atteggiamento giusto per affrontare la questione.

Le limitazioni di facebook

Certo è, che il dibattito riguardo i deepfake è sempre più frequente, tanto che Facebook ha vietato la pubblicazione di tutti i contenuti fuorvianti, elaborati in modo da non essere evidenti agli utenti meno attenti, che potrebbero così pensare che delle persone abbiano detto frasi che in realtà non hanno mai pronunciato.

Rimangono ammessi i deepfake quando fanno satira e sono chiaramente distinguibili dalla realtà. Pure in questo caso, anche per gli algoritmi di detecting di Facebook, sarà sempre più un’ardua sfida distinguere i deepfake dai real.

E vietarne la pubblicazione non è poi forse la scelta più corretta. Basti pensare che gli stessi contenuti saranno diffusi su altri social network o portali, dove la diffusione è consentita.

Sarebbe forse più giusto consentirne la condivisione e, se ritenuti deepfake, catalogandoli come tali, in modo che le persone ne siano a conoscenza, contrastando inoltre il deepfake in sé.

Su vari social, come ad esempio Tiktok, è stata inserita la possibilità di etichettare un contenuto come generato dall’AI.

In questo modo ci si fida della correttezza degli utenti, ma non si risolve completamente il problema, in quanto i malintenzionati potranno pubblicare deepfake, classificandoli come normali video, e, in caso il contenuto non dovesse essere scoperto dai controlli algoritmici, questo potrá circolare serenamente nel web come vera notizia. 

In conclusione, l’unica soluzione è, per necessità, quella di applicare uno spirito critico a tutti i contenuti visionati online e di delegare la propria conoscenza a molteplici fonti, diminuendo così il rischio di essere ingannati.

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