Dopo una giornata di ferventi dibattiti sulla presunta censura del monologo di Antonio Scurati in un programma televisivo condotto da Serena Bortone, è intervenuta la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni per placare le speculazioni e le accuse mosse dalle opposizioni.
“In un’Italia che affronta innumerevoli sfide, anche oggi assistiamo a una tempesta sollevata dalla sinistra.
Questa volta si tratta di un presunto atto di censura verso un monologo di Scurati, programmato per commemorare il 25 Aprile.
Mentre la sinistra denuncia un regime, la Rai spiega di avere semplicemente declinato il pagamento di 1.800 euro (pari allo stipendio mensile di molti dei suoi dipendenti) per un solo minuto di performance”.
UN 25 APRILE GIOCATO IN ANTICIPO DA TUTTI
Il Premier ha dichiarato di non essere al corrente dell’esatta verità, ma ha scelto di pubblicare comunque il testo del monologo “perché chi è stato storicamente ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non auspicherà mai la censura di alcuno, nemmeno di chi ritiene doveroso finanziare la propria propaganda contro il governo con i soldi dei cittadini; e affinché gli italiani possano formarsi un’opinione indipendente sul contenuto. Buona lettura”.
Intanto, fonti interne alla Rai hanno confermato a LaPresse che l’azienda aveva inizialmente approvato la partecipazione dello scrittore senza oneri.
Queste stesse fonti hanno ribadito il rifiuto di sostenere il costo di 1.800 euro per il monologo.
LaPresse ha anche avuto accesso a una email interna che mostra il nome di Scurati regolarmente incluso nel programma di stasera con l’indicazione “TG”, che sta per “titolo gratuito”.
In seguito all’autorizzazione dell’azienda per la partecipazione a titolo gratuito, la presenza dello scrittore era stata confermata tramite un comunicato stampa ufficiale.
I membri della Commissione di Vigilanza sulla Rai appartenenti a Fratelli d’Italia hanno espresso la necessità di fare piena luce sull’accaduto, annunciando la richiesta di audizione dei vertici dell’azienda.
“È essenziale verificare se sia vero che la Rai avrebbe dovuto pagare circa 2.000 euro per un monologo di un minuto sul 25 aprile, e se la mancata messa in onda debba essere attribuita a una decisione editoriale o economica”, sottolineano.
L’importanza di questa verifica diventa cruciale di fronte al continuo diffondersi di notizie false da parte della sinistra riguardo al Servizio Pubblico.
LA SORPRESA: LA PREMIER PUBBLICA IL TESTO SU FACEBOOK
Ed ecco tutto il polverone, che la premier Giorgia Meloni pubblica integralmente il testo ‘incriminato’ sul suo profilo facebook, ribalzato anche da tutti gli altri social disponibili. Con queste parole di premessa, che riportiamo integralmente.
In un’Italia piena di problemi, anche oggi la sinistra sta montando un caso. Stavolta è per una presunta censura a un monologo di Scurati per celebrare il 25 Aprile.
La sinistra grida al regime, la Rai risponde di essersi semplicemente rifiutata di pagare 1800 euro (lo stipendio mensile di molti dipendenti) per un minuto di monologo.
Non so quale sia la verità, ma pubblico tranquillamente io il testo del monologo (che spero di non dover pagare) per due ragioni:
1) Perché chi è sempre stato ostracizzato e censurato dal servizio pubblico non chiederà mai la censura di nessuno. Neanche di chi pensa che si debba pagare la propria propaganda contro il governo con i soldi dei cittadini.
2) Perché gli italiani possano giudicarne liberamente il contenuto.
“Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini.
L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole.
Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro. Mussolini fu immediatamente informato.
Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito.
Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania. In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto.
Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.
Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista.
Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.
Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).
Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra.
Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana”.