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Sono nero ma non ti voto

IL FUOCO AMICO DI KAMALA (E DONALD)

da Alessio De Paolis
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Una volta era “not in my name”, oggi è diventato “sono nero ma non ti voto”.

È il fuoco amico con cui – volente o nolente – Kamala dovrà fare i conti. I finanziamenti infatti sono arrivati. I rubinetti chiusi con Biden si sono riaperti ed è un chiaro segno che è a lei, sua vice, che ricadrà la responsabilità di fronteggiare Trump al confronto di novembre. 

A pochi giorni dal forfait di Joe già si fanno congetture su quale sarà la campagna elettorale targata Harris. Il risultato sono due correnti di pensiero, tra chi vede nell’avversaria di Trump una Biden in gonnella e chi invece individua differenze significative rispetto all’attuale presidente degli Stati Uniti.

Non è un segreto che in passato Harris abbia criticato aspramente lo stesso Biden, prima di diventarne braccio destro.

Ciò che si sa sommariamente sulle posizioni politiche della vicepresidente è alla fine qualcosa di molto simile alla realtà: aborto cavallo di battaglia, posizioni più nette (ma non fuori dagli schemi) su Israele – sponda palestinese – e sull’Ucraina. Insomma,

Kamala appartiene a quella sponda Dem che nei confronti di Biden, progressista cattolico, è più lontana rispetto ai repubblicani stessi.

Detto ciò non bisogna sottovalutare due aspetti:

– La scelta di Biden, ricaduta prontamente su Kamala Harris, denota una continuità anche nelle decisioni. Difficile dire che un’America con a capo la Harris sia poi tanto diversa da quella dei giorni nostri. Gli interessi del partito e dei finanziatori non si fanno con le battaglie ideologiche ma con la convenienza del momento, e secondo molti addetti ai lavori e commentatori esperti, Kamala dovrà limare certe posizioni se vorrà aspirare alla posizione di Biden.

– Harris non è la sola vice lontana dalle posizioni del numero uno. Indovinate un po’ chi è l’altro. Già, proprio l’aspirante vice di Donald Trump, James David Vance è quanto di più lontano ci potesse essere da Donald, prima di diventare numero due. Tanto da arrivare a chiamare Trump “un novello Hitler” prima del mandato iniziato nel 2016. Solo dopo la prima esperienza del Tycoon Vance cambierà idea sull’ex presidente, come faranno tanti repubblicani: alcuni per ideologia, altri per convenienza. Non c’è dunque da stupirsi se i vice sembrano più dissidenti che amici.

Con i rubinetti dei finanziatori riaperti, la candidatura di Kamala Harris a nuova candidata Dem è sempre più probabile. Solo ad agosto sapremo se sarà così ufficialmente, ma la strada pare essere tracciata. Questo perché il gradimento nei confronti di Biden era in caduta libera. Se infatti le ultime figuracce avevano fatto storcere il naso ai finanziatori, in particolare lo scontro TV disastroso e l’aver chiamato Zelensky “Putin”, il gradimento degli elettori era già al ribasso all’epoca in cui i debunker si affannavano a farci credere che Joe era nel fiore degli anni e della prestanza fisica. I punti percentuali di distacco da Trump erano tre, ma il trend era destinato a scendere ancora. 

La copertina del PENSIERO NUMERO 25
La copertina del PENSIERO NUMERO 25

Con Kamala la situazione è leggermente diversa. 

I punti di distacco sono due, ma potenzialmente potrebbero diventare meno. Poi c’è la grande incognita dell’attentato. Il tentato omicidio ai danni di Trump durante un comizio in Pennsylvania è presto diventato sulle prime pagine e tra le righe degli analisti l’ipoteca del secondo mandato del presidente repubblicano.

I presidenti che hanno subito attentati nella Storia d’America sono diversi, ma si tratta di profili tanto segnanti che Trump – suo malgrado – ne gode di riflesso.

Già il solo trovarsi in questa mortifera lista insieme a J.F. Kennedy, Abraham Lincoln e Theodore Roosevelt è acqua benedetta che ripulisce e lustra l’immagine di Trump, ora Presidente quasi ucciso e non più magnate sotto processo agli occhi dell’opinione pubblica.

L’incognita è il tempo. Quello che passa tra l’attentato e il giorno del voto e ciò che succederà nel bel mezzo di una campagna elettorale ora alla svolta.

I repubblicani fanno già fuoco su Harris. 

L’accusa è aver “mentito sulle condizioni di Biden finora”, e la vicepresidente dovrà rispondere agli attacchi basati su un assunto: “Se Biden non è in grado di ricandidarsi, non è nemmeno in grado di fare il presidente ora”.

È questo che sollevano su Twitter/X versione USA diversi esponenti dell’ala conservatrice. Molti di loro erano avversari – ovviamente – dei Dem, ma anche di Trump, prima del comizio in Pennsylvania.

La fazione repubblicana convintamente anti-Trump è ora al suo minimo storico, ma Kamala dovrà sfidare anche il “fuoco amico” per prevalere.

A poche ore dalla notizia del probabile passaggio di testimone impazza sui social americani il trend “sono nero ma non ti voto”. Un “format” in cui nel video in primo piano il soggetto di colore (da specificare, visto che negli USA pare importante) a volte fa perfino un endorsement pro-Trump.

Centinaia di video diversi si sono così susseguiti, così come le aperte dichiarazioni di sostegno per la nuova candidata Dem, sempre con il pretesto del colore della pelle. 

“Hater” e “Lovers”, come per chiunque?

Sì, ma ricordate che nel 2016 furono gli ispanici il fattore chiave per la vittoria di Donald. Se lo segni Kamala.

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