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L’ultimo goal: ‘Vivete la vita fino in fondo’

LE PAROLE DI ERIKSSON CHE SCUOTONO LA COSCIENZA

da Daniele Venturi
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Nel corso della sua carriera, Sven-Goran Eriksson non è stato solo un allenatore di calcio di fama mondiale, ma anche una figura umana e professionale capace di lasciare un segno indelebile nel cuore di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo.

Le sue ultime parole, raccolte in un toccante documentario, hanno risuonato profondamente non solo nel mondo dello sport, ma anche in chiunque si sia fermato a riflettere sul valore della vita e della morte.

L’ex tecnico della Lazio, squadra con cui vinse lo scudetto nella stagione 1999-2000, ha annunciato nel gennaio scorso di essere in fase terminale di un tumore.

Con la consueta lucidità e serenità che lo hanno sempre contraddistinto, ha ammesso di avere, nella migliore delle ipotesi, “un anno di vita”.

Da quel momento, Eriksson ha iniziato un viaggio non solo fisico, ma anche spirituale e emotivo, visitando i luoghi e le persone che hanno segnato la sua straordinaria carriera. T

ra le tappe più significative di questo percorso, la visita alla Sampdoria e alla Lazio, le squadre che ha allenato in Italia, e il coronamento di un sogno: sedere sulla panchina del Liverpool in una gara tra le leggende del club e l’Ajax.

Nel documentario di Amazon Prime intitolato “Sven”, Eriksson ha voluto condividere il suo messaggio d’addio al mondo.

“Ho avuto una bella vita, sì”, ha affermato con una sincerità disarmante.

“Penso che tutti noi abbiamo paura del giorno in cui moriremo. Ma la vita riguarda anche la morte”

Dovete imparare ad accettarlo, per quello che è.” Queste parole non sono solo l’addio di un uomo consapevole della sua mortalità, ma anche una riflessione profonda e universale su una delle più grandi paure dell’essere umano: la morte.

Eriksson non si è limitato a fare un bilancio della sua vita, riconoscendo i successi e le sconfitte, ma ha anche lanciato un messaggio potente ed ispiratore:

“Non essere dispiaciuto. Sorridi. Grazie di tutto: allenatori, giocatori, pubblico.

È stato fantastico. Prendetevi cura di voi stessi, prendetevi cura della vostra vita e vivetela. Fino alla fine”.

Un invito quindi a vivere la vita fino in fondo, senza rimpianti e con un sorriso, è un testamento morale, un richiamo a tutti noi, affinché non ci lasciamo sopraffare dalle difficoltà e dalle paure, ma piuttosto affrontiamo la vita con coraggio, gratitudine e, soprattutto, con la consapevolezza che ogni momento è prezioso.

Nella filosofia esistenzialista, in particolare, la morte è vista come un evento che dà senso alla vita.

Secondo pensatori come Jean-Paul Sartre e Martin Heidegger, la consapevolezza della morte può portare a una vita più autentica e significativa.

Per Sartre, la morte è ciò che dà valore alle nostre scelte, perché ci ricorda che il tempo è limitato e che ogni decisione ha un peso reale.

Heidegger, d’altro canto, parla della “Essere-per-la-morte” (Sein-zum-Tode), suggerendo che solo accettando la nostra mortalità possiamo vivere in modo autentico.

Eriksson sembra abbracciare questa visione

Il suo invito chiaro è ‘a non avere paura della morte, ma a vederla come una parte naturale della vita’.

Il suo messaggio è chiaro: invece di temere la fine, dovremmo concentrarci su come viviamo il tempo che ci è dato.

Questa prospettiva è profondamente liberatoria, perché ci incoraggia a vivere con maggiore intensità e consapevolezza, valorizzando ogni singolo momento, ogni singola persona, ciascun incontro ed opportunità.

La vita non è una ‘sostituzione’ di giocatori, una tattica, uno schema: è tutta una partita.

Grazie Sven, hai segnato l’ultimo gol in ciascuno di noi. Tutti perdiamo con te, ma con te, ciascuno vince. 

APPROFONDIMENTO / Sven-Göran Eriksson: la carriera

 Sven-Göran Eriksson è uno degli allenatori di calcio più rispettati e conosciuti a livello internazionale.

Nato il 5 febbraio 1948 a Sunne, in Svezia, ha avuto una carriera lunga e variegata, durante la quale ha allenato sia club che nazionali, ottenendo numerosi successi.

La sua carriera da allenatore è iniziata negli anni ’70 in Svezia, quando ha preso in carico la squadra dilettantistica Degerfors IF.

Il suo talento e la sua capacità tattica hanno subito attirato l’attenzione del Göteborg, con cui ha vinto il campionato svedese e la Coppa UEFA nel 1982, un traguardo straordinario per un club scandinavo.

Dopo il successo in Svezia, Eriksson si è trasferito in Portogallo, dove ha allenato il Benfica, vincendo due campionati nazionali.

Successivamente, ha guidato la Roma in Italia, e poi la Fiorentina, senza però raggiungere lo stesso livello di successo ottenuto in Portogallo.

Il punto di svolta della sua carriera italiana è arrivato con la Lazio, dove ha vinto il campionato di Serie A nel 2000, oltre a diverse coppe nazionali e internazionali.

Il successo con la Lazio lo ha portato a essere nominato commissario tecnico della nazionale inglese nel 2001, diventando il primo allenatore straniero a ricoprire questo ruolo.

Durante il suo periodo alla guida dell’Inghilterra, ha portato la squadra ai quarti di finale in tre grandi tornei consecutivi: la Coppa del Mondo 2002, l’Europeo 2004 e la Coppa del Mondo 2006.

Nonostante le alte aspettative, non è riuscito a portare la nazionale oltre i quarti, il che ha portato a critiche da parte della stampa e dei tifosi.

Dopo l’esperienza con l’Inghilterra, Eriksson ha continuato ad allenare in diverse parti del mondo. È tornato brevemente al Manchester City, ma la sua avventura è stata di breve durata.

Ha poi assunto incarichi in Messico, con la nazionale, e in Costa d’Avorio, ma senza ottenere grandi risultati.

Negli ultimi anni della sua carriera, ha allenato in Cina e negli Emirati Arabi Uniti, mostrando una grande capacità di adattamento a contesti molto diversi.

Sven-Göran Eriksson è ricordato non solo per i suoi successi, ma anche per la sua capacità di gestire squadre in situazioni di grande pressione e per il suo stile di gestione calmo e metodico.

La sua carriera ha attraversato diverse epoche del calcio, e il suo impatto sul gioco, in particolare durante gli anni ’90 e 2000, rimane significativo.

Nonostante alcune critiche, la sua reputazione come uno degli allenatori più esperti e rispettati nel calcio internazionale rimane intatta.

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