Il 24 febbraio è caduta la ricorrenza dei tre anni dell’invasione militare dell’Ucraina da parte della Federazione Russa. La guerra che, secondo le intenzioni di Vladimir Putin e dell’allora ministro della difesa Shoigu, doveva durare tre giorni, è arrivata al terzo anno; e mentre ora il mondo si divide sui destini dei territori ucraini, c’è ancora un popolo che da millenovantanove giorni fronteggia fieramente l’invasore.
Prima di trattare gli elementi chiave del nostro Pensiero, è doveroso evidenziare e chiarire una volta per tutte il legame tra l’Ucraina e la nostra Europa.
È necessario riaffermare convintamente che Kiev va considerata a tutti gli effetti una capitale europea, dopo un percorso iniziato con la “Rivoluzione Arancione” nel 2004 e continuato tra mille difficoltà con i fatti di Euromaidan nel 2013 e le successive presidenze di Petro Poroshenko e Volodymir Zelensky.
Esattamente tre anni fa, il 28 febbraio 2022, sotto le bombe il governo ucraino presentò ufficialmente a Bruxelles la domanda di adesione all’UE; riuscendo in tre anni, nonostante la guerra, a procedere in tempi record con le procedure di adeguamento al rispetto dei parametri di adesione alla Comunità europea.
Il popolo ucraino, spesso descritto come diviso e frammentato, ha da tempo scelto la strada europea, e il recente conflitto con la Russia ha solo rafforzato l’unità di intenti della comunità ucraina, con l’82% degli intervistati da un sondaggio indipendente del New Europe Centre di dicembre 2024 che si dichiara “molto favorevole” all’adesione della propria nazione all’Unione Europea.
Kiev nel mondo occidentale rappresenta il grande cruccio di Vladimir Putin
Come per l’URSS, anche per l’attuale Federazione Russa, in cui è cambiata la forma ideologica di governo ma sono rimasti immutati gli obiettivi strategici e la volontà imperiale di potenza, confinare con popoli “fratelli” che hanno adottato una forma di governo democratica costituisce una minaccia esistenziale.
Nei disegni del Cremlino un’Ucraina libera non può esistere, in quanto essa rappresenterebbe il simbolo per i popoli di origine “Rus” un esempio sgradito di libertà.
È proprio Vladimir Putin nel suo primo saggio “Sull’unità storica di russi e ucraini”, pubblicato il 12 luglio 2021, a spiegarci dettagliatamente perchè i due popoli, insieme a quello bielorusso, fossero confratelli e perchè sia suo compito ripristinare l’unione tra i tre stati.
Le cancellerie europee, fino al febbraio 2022 negligenti rispetto all’eventuale invasione russa, avrebbero potuto comprenderne la concretezza leggendo questo saggio, e ancora oggi una sua rilettura sarebbe essenziale per chi cerca una soluzione al conflitto ignorandone la radice ideologica.
Venendo all’attualità, con l’inizio dei colloqui bilaterali USA-Russia a Riad e l’iniziativa francese sulle truppe europee peacekeeper successive al cessate il fuoco, è doveroso formulare un presupposto logico imprescindibile ai fini dello sviluppo dei dialoghi: l’Ucraina non è un “oggetto” da spartire, bensì un “soggetto” con cui è necessario interfacciarsi.
Sconfiggere la retorica della oggettificazione politica che Putin e Trump stanno mettendo in atto nei confronti sia dell’Ucraina, che Putin chiama nel suo saggio “okraina” -in russo antico “periferia”- che dell’UE, definita da JD Vance “insignificante”, deve rappresentare per noi europei un obiettivo prioritario.
Affermato che il dialogo tra le parti è inevitabile e la guerra andrà conclusa con concessioni reciproche, è indispensabile per l’Ucraina e per l’Unione Europea approcciarsi ai negoziati ribadendo alcuni dati oggettivi oscurati dalla disinformazione cognitiva trumpiana e putiniana.
Infatti, mentre sull’Ucraina piovono missili, l’apparato di informazione europeo è bombardato da fiumi di falsità propagandistiche confezionate certosinamente dall’FSB, rilanciate ora dall’amministrazione americana
La propaganda bellica è sempre esistita e viene usata da tutte le parti in guerra. Tuttavia, sdoganare pubblicamente cifre irrealistiche sugli aiuti americani (come i 500 miliardi di dollari dichiarati da Trump) o esagerare i successi militari russi, non contribuisce in alcun modo alla pace.
Il dato di fatto, come riaffermato da Emmanuel Macron a Washington e al G7, è che l’UE ha fornito aiuti militari e umanitari all’Ucraina pari a 200 miliardi di dollari al cospetto dei 110 miliardi USA (di cui sono stati spesi 68), e che la Russia controlla solo il 20% del territorio ucraino, senza aver invaso alcun capoluogo di regione e senza aver registrato sensibili conquiste dal dicembre 2022.
Il coraggio del popolo ucraino deve rappresentare per noi europei un faro di ispirazione, in cui ritrovare la dignità e l’orgoglio di riaffermarsi come potenza mondiale autonoma, campione di libertà in un mondo sempre più autocratico.
Piuttosto che sostenere la retorica scialba della “pace giusta”, è giunto il momento di lavorare per una “pace forte”, in cui l’Europa abbandoni, come fatto dall’Ucraina, il proprio complesso di inferiorità inaugurando una nuova stagione di autonomia ed emancipazione politica, in nome della libertà.
Leggi anche:
- Inchiesta sulle indulgenze (Prima Parte)
- Andremo a vivere su Marte?
- Nemiche del popolo: la mostra sulle donne nelle carceri comuniste all’accademia di Romania
- Punto e da capo
- Inna Derusova, uccisa mentre salva vite