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Non smetterò mai di illuminare il mondo

ANDREA CHIODI: "CREDO NELL'ARTE CHE ESALTA LA BELLEZZA E CONSOLA"

da Giovanni Profeta
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Giubileo degli Artisti

Giubileo degli Artisti: quando l’arte incontra la spiritualità

Nella serata del 16 febbraio 2025, la Basilica di San Pietro ha aperto le sue porte ad una celebrazione unica: il Giubileo degli Artisti. Questo evento ha trasformato uno dei luoghi più iconici del mondo in un palcoscenico dove arte e spiritualità si sono intrecciate, offrendo ai presenti un’esperienza multisensoriale senza precedenti. L’evento ha preso il via con un’idea quasi cinematografica: il buio totale, spezzato solo da un fascio di luce che accarezzava la Pietà di Michelangelo. La scelta non è casuale: il capolavoro assoluto della scultura occidentale, in quel momento isolato e messo a nudo nella sua essenza, ha rievocato il concetto dell’arte come dolore e sublimazione, come rifugio e domanda aperta. In sottofondo, le Laudi di Jacopone da Todi amplificavano la dimensione mistica dell’esperienza, rendendo il silenzio uno spazio denso di significati.

Ma la luce, in questo viaggio, era solo uno degli strumenti narrativi. Il suono è stato il secondo grande protagonista. L’installazione sonora dell’artista americano Bill Fontana, che ha catturato le vibrazioni del campanone di San Pietro, ha trasformato la basilica in un’enorme cassa armonica. Le onde sonore hanno reso la materia viva, regalando una percezione quasi primordiale dello spazio e dell’architettura. Il suono diventa forma, la forma diventa vibrazione. È un’arte che si muove, che respira.

E mentre la Basilica veniva lentamente illuminata, i partecipanti hanno seguito con lo sguardo una narrazione visiva che li ha condotti dal baldacchino del Bernini fino alla Gloria dell’Altissimo. È in questo crescendo visivo e sonoro che l’arte ha rivelato la sua funzione più autentica: non solo rappresentare, ma evocare, non solo mostrare, ma trasformare.


Oltre l’estetica

Il Giubileo degli Artisti non è stato solo un’esaltazione dell’estetica o della tecnica, ma un momento in cui si è riaffermata l’arte come forza vitale, come un linguaggio che supera i confini del tempo per diventare testimonianza della condizione umana. Oggi, più che mai, l’arte deve assumersi una responsabilità, diventare rifugio e resistenza, ma anche stimolo e provocazione.

A guidare questa visione è stato il regista Andrea Chiodi, che con la sua sensibilità ha saputo tradurre questa esigenza in una narrazione potente e suggestiva. “L’arte deve far riscoprire la bellezza ed essere in qualche modo consolatoria in un momento storico così difficile”, ha dichiarato, sottolineando come il ruolo dell’arte non sia solo quello di intrattenere, ma di offrire un riparo, un luogo interiore in cui ciascuno possa ritrovare una direzione. Nutrire lo spirito non è una questione marginale, ma una necessità assoluta in una società frammentata, disorientata e iperstimolata da immagini che spesso svuotano anziché riempire.

Questa idea si radica perfettamente nel contesto unico della Basilica di San Pietro, che trascende la sua identità religiosa per affermarsi come un vero e proprio tempio dell’arte e della creatività umana. Non è solo un luogo di culto, ma uno spazio della mente, una cattedrale della bellezza scolpita, che raccoglie l’eredità di generazioni di artisti che hanno saputo tradurre l’inesprimibile in materia, luce e forma. Bernini, Michelangelo, Bramante, Raffaello: nomi che non appartengono ad una sola epoca, ma al tempo stesso a tutte. San Pietro è un’enciclopedia visiva, un manifesto senza tempo della grandezza dell’arte come linguaggio universale.


La bellezza come necessità collettiva

Ma cosa significa veramente universale? Questa è la grande domanda che il Giubileo degli Artisti ha posto. In un mondo sempre più polarizzato, in cui il confronto tra culture rischia di diventare scontro, l’arte resta l’unico codice capace di parlare a tutti, senza distinzioni di lingua, credo o provenienza. Ha il potere di rivelare verità, di far emergere ciò che è nascosto, di dare voce a chi non ce l’ha. Il rischio, però, è quello di confinare la bellezza all’élite, di lasciarla nelle mani di pochi privilegiati, lontana dalla vita quotidiana. Ecco perché eventi come questo sono essenziali: portano l’arte fuori dai circuiti chiusi, restituendola a chiunque sappia ascoltare, guardare, sentire. La bellezza non è un lusso, ma una necessità collettiva. Non appartiene solo ai musei, ai collezionisti o ai grandi mercati dell’arte contemporanea, ma a chiunque sappia accoglierla come strumento di crescita e di elevazione interiore.

E la serata che vi abbiamo raccontato, ha lasciato un messaggio forte e inequivocabile: l’arte è ancora qui, viva, potente, eterna. Il suo compito non è solo quello di decorare il mondo, ma di illuminarlo, di scuoterlo, di trasformarlo.


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