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Ahi Ai Europa

LA TRAVAGLIATA RINCORSA DELL’UE ALLE BIG TECH MONDIALI

da Filippo Rigonat
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In linea con la missione che ci siamo dati fin dal primo Pensiero d’Europa, ovvero analizzare i limiti e le potenzialità dell’attuale assetto comunitario al fine di gettare le basi di un’Unione forte, oggi il nostro focus si concentrerà su uno dei pilastri trainanti per l’innovazione e lo sviluppo economico del continente e del globo: l’Intelligenza artificiale.
Che il futuro passi per l’AI è ormai un dato di fatto, proprio per questo è molto interessante analizzare le nette differenze di approccio delle superpotenze mondiali nei confronti della nuova tecnologia.

Lo sviluppo di tecnologie in grado di riprodurre capacità umane quali ragionamento, pianificazione e  creatività a velocità e precisione esponenzialmente in miglioramento rappresenta indubbiamente un evento game changer per la nostra intera filiera socio-economica, tanto che la società di consulenza McKinsey è arrivata a stimare entro il 2040 un potenziale aumento della produttività fino al 3,4% su base annua grazie all’utilizzo dell’AI.

Grazie alla sua duttilità e crescente capacità cognitiva, l’AI – sia generativa che predittiva – ha attratto enormi investimenti: secondo IDC, nel 2025 si spenderanno 337 miliardi, mentre il mercato globale supererà i 1000 miliardi entro il 2028 (World Economic Forum).

I principali catalizzatori di questi investimenti sono ad oggi Stati Uniti e Cina, con gli USA dominanti nel settore privato con colossi come Google, Microsoft, OpenAi e Antropic e il Dragone protagonista di un ingente stanziamento di fondi pubblici in progetti come il recentemente celebre DeepSeek.

Chi sta faticando più di tutti sia negli investimenti privati che in quelli pubblici, e sinceramente ne siamo tristemente abituati, siamo noi europei.


L’avvento dell’AI equivale alla rivoluzione industriale del terzo millennio, e l’Europa è rimasta indietro

Il Vecchio Continente è in ritardo su tutto: dagli investimenti privati che tra il 2013 e il 2023 sono stati di 20 miliardi in confronto ai 330 USA, agli investimenti pubblici quasi inesistenti fino anche alla carenza di registrazione di brevetti AI, con le aziende e università europee depositarie al 2024 del 3% dei brevetti rispetto alle omologhe cinesi secondo la World Intellectual Property Organization.
Il principale freno all’innovazione in Europa è l’eccessiva regolamentazione, che ostacola le imprese e rallenta gli investimenti.

Come denunciato nell’editoriale di Mario Draghi sul Financial Times del 15 febbraio, l’Unione Europea paga pesantemente gli ostacoli burocratici che infettano il suo sistema amministrativo rendendo meno appetibili le imprese europee. La tendenza a regolamentare prematuramente un mercato in evoluzione ha già generato barriere all’innovazione, come il GDPR per le startup, e ora rischia di ripetersi con l’AI Act entrato in vigore il 2 febbraio.

Secondo Piercamillo Falasca, direttore della testata online L’Europeista, molto attiva sui temi dell’Intelligenza artificiale, l’AI Act rischia di trasformarsi nell’ennesimo errore strategico dell’Unione Europea, un freno alla competitività più che una tutela per i cittadini. “Mentre i nostri competitor globali investono miliardi per sviluppare un’intelligenza artificiale sempre più potente, l’Europa si preoccupa di normare prima ancora di innovare. Il risultato? Un continente che resta indietro, con le sue migliori menti e imprese costrette a cercare altrove le condizioni favorevoli per crescere.” 


200 miliardi per l’AI: il piano UE basterà?

Di fronte all’evidente debolezza che abbiamo constatato, l’Unione Europea, su impulso del governo francese che ha annunciato forti investimenti in formazione e agevolazioni fiscali nella filiera AI, sta lavorando a un cambio di strategia.

Durante l’Artificial Intelligence Action Summit svoltosi proprio a Parigi il 10 e l’11 febbraio, dove anche il vicepresidente americano JD Vance ha utilizzato parole affilate contro l’iper-regolamentazione UE, Ursula Von Der Leyen ha annunciato un piano di investimenti pubblici e privati nel settore pari a 200 miliardi di euro in due anni.

La dichiarazione d’intenti della Presidente della Commissione europea va accolta positivamente, fermo restando il ritardo con cui giunge e il rischio di destinare così tanto denaro nello sviluppo di un mercato poco attrattivo per i privati a causa della legislazione corrente. 

Ai disfattisti che sostengono che per l’Europa sia impossibile recuperare il terreno perduto, è necessario ricordare il potenziale dato dall’ineguagliabile qualità nella formazione universitaria nell’eurozona, dove oggi si registra l’avvilente dato che vede quasi della metà degli studenti specializzati in AI trasferirsi a lavorare all’estero, unito all’importante capacità di costruzione di Gigafactory alimentate da energia pulita, nucleare su tutte.

Un esempio virtuoso è rappresentato da Mistral AI, startup fondata nel 2023 in Francia, che ha sviluppato un modello di intelligenza artificiale sia commerciale che open source molto competitivo, grazie al quale ha recentemente raggiunto la valutazione di 6 miliardi di dollari.

Secondo il nostro Pensiero per l’Europa non è troppo tardi.

La storia insegna che il ritardo nell’adozione di nuove tecnologie si paga a caro prezzo. Per questo l’Europa non può permettersi di ripetere gli errori commessi con il digitale e l’energia. “Serve un’Unione che punti sull’innovazione e non sulla burocrazia” – afferma Piercamillo Falasca – “creando un ecosistema dinamico e attrattivo. Il primo passo? Sospendere l’AI Act fino a quando non avremo colmato il gap tecnologico con le altre superpotenze.”Se vogliamo un’Europa libera, forte e indipendente, questa è la direzione da seguire.


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