
Un viaggio nella memoria: la mostra interattiva
Per la prima volta, una mostra interattiva e multimediale ha la finalità di rendere consapevoli i visitatori, che certamente vorranno e sapranno essere numerosi, sulle incarcerazioni e sulle persecuzioni che, fino a tempi molto recenti e all’amnistia del 1964, sono state portate avanti dalle dittature comuniste in Romania attraverso il loro braccio armato e di spionaggio della Securitate. Un’esposizione di materiali: foto, documenti e oggetti personali delle vittime potranno essere visti, studiati e osservati per la prima volta fuori dal Paese, presso la prestigiosa Accademia di Romania nella capitale d’Italia.
Non vi è un’idea più accattivante e originale della proposta di festeggiare la Giornata internazionale della Donna, che cade il giorno 8 marzo, con il doveroso ed emozionante omaggio alla bellezza e al coraggio dell’anima femminile, ben rappresentata ed espressa da quelle donne rumene che non hanno esitato a offrire la loro vita per la libertà della loro terra, combattendo fra le montagne o dalle scuole e dalle università, accanto ai loro uomini. Il 7 marzo è stata inaugurata la mostra alle 18:00 all’Accademia di Romania.
Il Memoriale delle vittime del comunismo
I materiali e la ricerca, l’impegno e lo studio donati e dedicati, al di là delle proprie energie e dei propri limiti, all’instancabile devozione e passione nel ricostruire e nel restaurare la memoria storica, sociale e familiare, che non deve andare perduta, si devono al “Memoriale alle vittime del Comunismo e della Resistenza”. Questo memoriale vede due anime strettamente alleate e complementari: il Museo Memoriale di Sighetu Marmatiei e il Centro Internazionale per gli Studi sul Comunismo di Bucarest.
Il Memoriale viene costantemente creato e amministrato dalla Fondazione Accademia Civica, della quale è presidente la scrittrice e poetessa Ana Blandiana. All’inaugurazione della mostra, Blandiana affronterà nella sua presentazione un argomento fondamentale e difficile: “La memoria come forma di giustizia”, tematica che, se si tenesse nella giusta considerazione anche nel momento attuale, aiuterebbe certamente a commettere meno errori nel panorama della politica internazionale e soprattutto potrebbe indurre a non tornare a ripeterli.
Una riflessione sulle donne perseguitate
Si tratterà di un invito alla riflessione sulla storia di una terra e di un popolo martoriati dal Comunismo di matrice ed indole staliniana. Grazie a 16 studi di casi e ai ritratti di 71 donne imprigionate dal regime comunista come “nemiche del popolo”, la mostra si propone di essere una riflessione sull’oggi e sul domani. La memoria, legata all’immagine e alla parola, s’imprime con l’incisività e la potenza di un marchio a fuoco nei nostri cuori e nelle nostre menti. Non dobbiamo mai essere sazi di testimoniare la sofferenza e i patimenti delle donne di ieri, che riecheggeranno sempre nei lamenti emessi dalle donne di oggi, troppo spesso vittime di violenza e private dei loro figli, mariti e padri.
L’avvento della dittatura comunista in Romania
A seguito dell’abdicazione forzata del Re Michele I di Romania, il comunismo sovietico penetrò prepotentemente nella nazione. Nel 1947 nasce la Repubblica Popolare Romena, che durerà fino al 1989 con la caduta di Nicolae Ceausescu. I periodi più intensi e tragici delle deportazioni e delle reclusioni si avranno nel corso delle presidenze di Constantin Parhon, Petru Groza, Ion G. Maurer e Gheorghiu-Dej.
L’apertura più “progressista” di Nikita Chruscev nel 1956 intimorì Gheorghiu-Dej, che incrementò ed accentuò la sua inclinazione stalinista, rafforzando e inasprendo la sua strategia repressiva. Di conseguenza, aumentò il numero dei campi di prigionia, che seguirono fedelmente il modello sovietico dei Gulag, con l’esasperazione e l’intensificazione delle torture fisiche e psicologiche.
Le prigioni femminili e le storie delle detenute
Da questa politica repressiva derivarono luoghi di detenzione tristemente famosi come Sighet, Gherla, Pitesti e Aiud. Le donne di cui nella presente mostra vengono riportate e narrate le storie vennero inoltre rinchiuse nel penitenziario di Vacaresti, un ospedale penitenziario, a Jilava e a Miercurea Ciuc. Un caso esemplare è quello di Aristina Pop-Saileanu, condannata a 20 anni di lavoro forzato per aver partecipato a un gruppo di resistenza anticomunista attivo nella montagna. Le sorelle Arlette Coposu e France Marcovici vennero imprigionate e condannate rispettivamente a 20 e 25 anni di lavori forzati per “alto tradimento”, sospettate di aver trasmesso informazioni alla Legazione Francese di Bucarest.
Una religiosa, Suor Clara, che aveva lavorato come economa per 13 anni presso la Nunziatura Apostolica di Romania, venne arrestata nel 1950 e condannata a 15 anni di lavori forzati per “complotto contro l’ordine sociale”. Nel 1964 venne finalmente liberata grazie all’amnistia generale dei detenuti politici e, nel 1990, fu proprio lei a riaprire le porte della Nunziatura in Romania, dopo la caduta del regime.
Le voci delle vittime emergono dal buio
La prigione di Sighet era divenuta estremamente attiva a partire dal 1948. Vi venne recluso Iuliu Maniu, ex Primo Ministro, che nel 1918 aveva fortemente voluto l’inclusione della Transilvania nella Romania. Sempre a Sighet fu imprigionato il Vescovo di Iasi, Anton Durcovici, morto nel 1951. Per lui, Papa Francesco avrebbe approvato la beatificazione nel 2013, celebrata poi dal cardinale Angelo Amato nel 2014. La mostra avrà un’illuminazione suggestiva, giocando sull’interazione tra luce e ombra.
Grazie a un’operazione di pura fantasia, si vuole dare voce alle vittime, affinché raccontino la loro storia: “Io vengo dal buio verso di voi, quel buio al quale hanno cercato di costringere la mia anima…”. Così inizia la testimonianza di Irina Coos, incarcerata a 16 anni nel 1959 per aver fatto parte dell’Unione della Gioventù Libera di Reghin. “Dovrò dare alla luce mio figlio, sono già al settimo mese… il 21 giugno 1958 mi arrestano con mia madre e mio padre, il sacerdote Ion”, racconta Iuliana Predut Constantinescu, che diede alla luce sua figlia in prigione e la chiamò Libertatea-Justina.

Un 8 marzo di memoria e speranza
Sono donne che avanzano dal buio verso la luce, portando con sé il peso della storia. Nel 2025, con questa mostra, celebriamo l’anima femminile, destinata ad accompagnare l’umanità nel suo viaggio terreno con intuizione, coraggio e tenerezza. Quest’anno, il nostro inno alla vita e alla libertà porterà il nome di Libertatea-Justina!
La mostra “Nemiche del popolo” sulle donne nelle carceri comuniste è organizzata dall’Accademia di Romania in Roma – Istituto Culturale Romeno, in collaborazione con la Fondazione Accademia Civica e il Memoriale delle vittime del comunismo e della resistenza di Sighet e si avvale del patrocinio dell’Ambasciata di Romania in Italia e dell’Associazione Italiana di Romenistica.
All’inaugurazione della mostra, interverranno la poetessa e scrittrice Ana Blandiana fondatrice e presidente della Fondazione Accademia Civica, Ioana Boca, direttrice esecutiva della Fondazione Academia Civică e Virginia Ion, segretario scientifico della Fondazione e curatrice della mostra. Inoltre, due testimoni di quella atroce realtà riporteranno al pubblico le proprie esperienze in prima persona su un tema tanto amaro, quanto necessario da essere condiviso e compreso: Niculina Moica, oggi presidente dell’Associazione degli ex detenuti politici della Romania, e Iustina Radu, figlia di una partigiana nella resistenza anticomunista delle montagne. Media partner: Agenzia NOVA, Orizzonti culturali italo-romeni, Radio România Actualități, Radio România Cultural, Radio România Internațional, Trinitas TV; La mostra resterà aperta fino al 10 aprile; Per Info: ACCADEMIA DI ROMANIA IN ROMA in Viale Belle Arti 110, Tel. +39.06.3201594 accadromania@accadromania.it
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