La storia ci pone di fronte a questa scelta: perpetuare pigramente il nostro declino nichilista verso un ruolo globale subalterno, oppure imboccare la via del coraggio e lottare per tornare protagonisti.
Molti lettori attenti e memori del clima culturale degli ultimi venti anni, potranno pensare che queste parole non siano altro che la riproposizione in chiave contemporanea di migliaia di pagine euro-esaltate scritte negli anni per europeismo intellettuale di rimando. Purtroppo, non è così. Oggi dobbiamo abbandonare ogni forma di retorica per affrontare vis a vis il tempo che viene, e non è un tempo facile.
Il secondo mandato di Donald Trump alla Casa Bianca mette in discussione pesantemente l’intero concetto politico-strategico di occidente, perseguendo la linea della forza predatrice, allineandosi con le forze autocratiche antitetiche al nostro modello liberal-democratico. Trump sposa la narrazione di Putin e Xi mettendo in discussione il concetto stesso di Europa. Ci viene chiesto dazio sulle nostre libertà, ponendo il ricatto mortale a livello commerciale e militare.
L’Europa libera è una macchia nello scacchiere trumpiano, e ne è la riprova la gestione dei negoziati con l’Ucraina
La sfacciata richiesta di prelazione su migliaia di ettari di terre rare prima, poi la lite in mondovisione con l’indomito Presidente ucraino Zelensky seguita dalla sospensione di tutti gli aiuti a Kiev, mostrano chiaramente come The Donald non contempli in alcun modo la solidarietà sociale e la soggettività dei popoli, in favore della prepotenza delle nazioni armate e nucleari.
L’indisponenza di Trump nei confronti dell’Ucraina è pari a quella nei nostri confronti, visibile nelle sanzioni commerciali del 25% annunciate verso l’UE e nell’intenzione di tradurre in un corrispettivo economico la protezione militare USA nel continente. Ora, la via dei pavidi porta dritti verso la subordinazione all’estorsione trumputinista, ma noi abbiamo scelto di essere coraggiosi e resistere.
Resistere non significa dichiarare guerra a USA, Russia e Cina, bensì dare una voce all’Europa che oggi non c’è, affermando una nostra strategia autonoma per navigare le turbolenze di questi decenni.
Sempre più persone manifestano la necessità di mobilitarsi per difendere e rafforzare l’unità europea, per questo accogliamo e sottoscriviamo la proposta lanciata da Michele Serra su Repubblica di “Una piazza per l’Europa”.
Un grande ritrovo apartitico e trasversale, sotto un’unica bandiera: quella a 12 stelle.
Un momento per rivendicare la nostra identità condivisa, che nessun autocrate potrà mai cancellare.
Dobbiamo dimostrare che l’Europa non la possono fare i burocrati di Bruxelles o i tecnocrati di Francoforte, la dobbiamo fare noi, prendendoci la responsabilità di scrivere il nostro futuro, mettendoci la faccia.
Adesso tocca a noi europei rispondere al richiamo. Ci vediamo in piazza.
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