Avete presente il vecchio lodo complottista che vede in una persona più o meno nota che la pensa diversamente uno “pagato dal sistema?”. Questa storia è così incredibile da riservare esattamente questo colpo di scena. Ve lo spoileriamo all’inizio, perché per una volta è ancor più incredibile la mole di dettagli ed estorsioni quasi in stile mafioso che hanno portato al colpo di scena, piuttosto che quest’ultimo. Tutti pagati insomma: non dal sistema, ma ci arriviamo a breve.
Parliamo di 6000 giornalisti sparsi in tutto il mondo che ricevevano finanziamenti da suddetta organizzazione per fare pressione su alcuni punti cari all’agenda. Quale? Quella della censura, ad esempio: spingere sulla cancellazione di quelle che pomposamente vengono chiamate “fake news” è divenuto tristemente di moda anche tra le penne del Belpaese ultimamente. Di certo all’estero (e chissà se anche in Italia) qualcuno l’ha fatto ricevendo in cambio proventi dall’USAID.
Difficile capire se quelli che in Italia si stanno sperticando tuttora contro l’azione di Elon Musk – che ha scoperchiato il caso – lo facciano perché ricevevano un qualche tipo di vantaggio: complottismo becero, sì, finché non escono le carte. Quelle carte che vedono nella US Agency for International Development (USAID) una vera e propria testa dell’Idra per fare pressione contro certi governi o a favore di certe politiche ben alla larga dagli Stati Uniti d’America.
Chi è USAID
Fondata nel 1961 come parte del Foreign Assistance Act, legge passata dal Congresso per contrastare l’influenza sovietica nel cosiddetto terzo mondo, questa agenzia ha funzionato per anni come strumento di soft power per portare avanti in tutto il mondo gli interessi e i “valori USA”.
Uno scandalizzato Walter Ricciardi ci fa sapere su Avvenire che gli aiuti venivano devoluti sotto forma di veri e propri finanziamenti per contrastare diverse malattie in tutto il mondo, ma col tempo USAID è divenuta molto di più di una specie di OMS che faceva del bene in Africa.
Negli ultimi anni gli aiuti concreti, presi dai soldi pubblici degli americani, erano diventati molto più confusi e fumosi, prevedendo obiettivi che poco hanno a che fare con la salute pubblica e il salvataggio di vite – e qui si sconfessa in parte il grande luogo comune dell’americano rozzo e razzista che ha votato il Trump.
Sta a voi e al vostro buon senso giudicare come venivano spesi ultimamente i fondi pubblici degli statunitensi: parliamo di 50 miliardi di bilancio diretti a un’organizzazione che costa pressappoco come l’intelligence ma che sembrava agire con molta più scioltezza su temi che fuorviano dalla salute e dalla cooperazione internazionale.
I bizzarri aiuti di USAID
Tra quello che è stato scoperto dal DOGE c’è davvero di tutto; 15 milioni in preservativi da dare ai Talebani, mezzo milione per promuovere l’ateismo in Nepal – dove tra l’altro i problemi con le milizie maoiste sono un nervo scoperto – 350 milioni di dollari per un molo provvisorio a Gaza, 425.000 dollari all’anno per rendere le ditte di caffè dell’Indonesia più gender-friendly. Poi i milioni passati alla EcoHealth Alliance, sponsor delle ricerche portate avanti dal laboratorio di Wuhan (ricordate?) fino alle centinaia di milioni spese per facilitare la coltivazione del papavero da oppio in Afghanistan.
Ma non basta, perché tra le bizzarre spese USAID ci sono due punti in elenco alquanto inquietanti: i milioni di dollari in pasti caldi finiti – chissà come – in mano ad Al-Qaeda non sono nemmeno il dettaglio più imbarazzante. In un contratto stipulato tra Reuters (colosso dell’informazione statunitense) e Darpa, l’agenzia che si occupa di fornire armi ad alta tecnologia alle forze armate Usa, si menziona come obiettivo dello stesso un lavoro di “active social engineering defense” e di “large scale social deception”, cioè “inganno sociale su larga scala”.
Un lavoro diretto alla filiale della Reuters denominata Thomson Reuters Special Projects. Una commissione da 9,1 milioni di dollari l’anno per esperti in “large scale social deception” con data d’inizio 28 luglio 2018 per finire al 29 maggio 2020 (con proroga al 2022). Su cosa dovessero ingannare – o se preferite “sensibilizzare” – l’opinione pubblica in quel periodo non si hanno ancora dettagli, ma qui ci viene in aiuto un pezzo grosso del caso USAID.
L’inchiesta su OOCRP
Drew Sullivan è il cofondatore dell’OCCRP (Organized Crime and Corruption Reporting Project), ovvero una delle organizzazioni di giornalismo investigativo più grandi al mondo. USAID ha destinato fondi anche all’OCCRP, che negli anni ha pubblicato numerose inchieste sulle cosiddette autocrazie d’Oriente (tra cui la Russia), ma meno sulle magagne statunitensi e sugli scandali occidentali.
In una maxi-inchiesta a cui ha lavorato anche il giornale italiano Il Fatto Quotidiano, sarebbe venuto fuori che l’Organizzazione avrebbe ricevuto, dalla sua creazione, nel 2008, al 2023, “almeno 47 milioni di dollari”. Sullivan nega che questo abbia influenzato le scelte editoriali, ma le sue interviste su questo sono piuttosto contraddittorie. Ad esempio, mesi prima, Sullivan dichiarerà che con le loro inchieste “Probabilmente siamo stati responsabili di circa cinque o sei paesi che hanno cambiato governo. Abbiamo fatto in modo che le persone, i primi ministri, fossero incriminati o cacciati”.
Si tratta nello specifico delle famose “rivoluzioni colorate”, nel cui novero rientra la cacciata del capo di Stato in Ucraina nel 2014, con le conseguenze che sappiamo avverranno in seguito.
Chi altro sarebbe coinvolto
Questa è, in estrema sintesi, la rete di interessi e denaro pubblico che ci porta fino a oggi: in un documento interno dell’USAID si parla chiaramente di oltre 700 organizzazioni che coinvolgono più di 6.000 giornalisti coinvolti nel Disinformation Primer, un documento del febbraio 2021 che parla chiaramente di “strategic silence“: la pratica di sopprimere narrative scomode, limitando la libertà di parola per il “bene comune”.
Non basterà questo per far inorridire molti colleghi che invece nelle prossime ore parleranno di deliri complottisti o di fondi per campagne tutto sommato giuste (quando andrà bene); altri rimarranno in silenzio attendendo che Roccaraso o Sanremo prendano tutta la scena per potersi girare altrove.
Ai primi andrebbe ricordato semplicemente che se Musk segnala un dirottamento illecito di fondi pubblici in cause che nessuno ha concordato, si tratta di un’azione di buon governo; ai secondi che sebbene non sia tecnicamente un illecito prendere soldi per farsi promotori di una campagna, c’è un interesse in chi compra le penne del giornalismo su cui queste ultime sono chiamate a farsi una domanda. Ciò che non torna nella narrazione dei giustificazionisti è semplicemente un difetto di logica: perché ci sarebbe bisogno di finanziare qualcuno per divulgare qualcosa che è giusto?
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