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Ugly is the new chic: il bello del brutto

DA NEW YORK AL MONDO, QUANDO L’IMPERFEZIONE GOVERNA

da Giovanni Profeta
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Brooklyn, New York. Quartiere simbolo della creatività e dell’anti-mainstream, è qui che “ugly fashion” trova la sua massima espressione. In un caffè dall’aria trasandata ma irresistibilmente cool di Bushwick, vediamo una sfilata improvvisata di look che solo qualche anno fa sarebbero stati etichettati come “disastrosi”. Sandali da trekking con calzini colorati, jeans larghi strappati in modo volutamente casual, camicie oversize che sembrano rubate dall’armadio sbagliato. Questa è l’estetica del brutto, una tendenza che non chiede permesso e si impone come un grido di libertà creativa.

“Non seguo regole. È la bellezza perfetta ad essere noiosa,” racconta Jules, 22 anni, artista digitale e una delle icone non ufficiali di questa nuova moda. “Brooklyn ti insegna ad essere te stesso, anche se significa essere diverso. E diverso è bello.”


Dallo stile di strada alle passerelle di lusso

La tendenza “ugly is the new chic” non è solo un fenomeno urbano. Ha fatto breccia nel mondo della moda di lusso. Grandi marchi come Balenciaga e Gucci hanno portato in passerella scarpe volutamente ingombranti, gonne asimmetriche e cappotti oversize che sfidano le proporzioni del corpo. Persino i sandali Birkenstock, un tempo associati a comfort domestico e niente più, sono diventati un must-have grazie a collaborazioni con marchi di alta moda. Ma il paradosso è evidente: capi che nascono per rompere le regole della moda vengono acquistati a prezzi proibitivi. Quello che a Brooklyn è un messaggio di ribellione, nei grandi store diventa un’operazione di marketing perfettamente calcolata.

Ugly chic non si limita ai vestiti. Esalta anche i tratti del viso che un tempo sarebbero stati considerati difetti. Sopracciglia spesse e non curate, denti leggermente storti, pelli non perfettamente levigate. È una celebrazione dell’unicità e dell’autenticità, che si oppone al culto del filtro di Instagram. “Non mi trucco quasi mai,” confessa Maya, una studentessa di 19 anni incontrata davanti ad un murales nel cuore di Williamsburg. “I miei amici dicono che sono coraggiosa, ma io penso che sia liberatorio. Non devo più sembrare perfetta. Voglio sembrare me stessa.”


Ugly chic come celebrazione dell’autenticità

L’estetica del brutto affonda le sue radici nei movimenti alternativi del passato, dai punk degli anni ’70 ai grunge dei ’90, ma si è evoluta in qualcosa di più sofisticato. È un mix di nostalgia, ribellione ed ironia, con un occhio sempre rivolto all’innovazione. “Questa tendenza ci sta portando a riflettere su cosa significhi davvero essere alla moda,” afferma Sophie Hart, stilista indipendente con base a New York. “La moda non deve per forza essere bella per essere potente. Deve raccontare una storia, e l’ugly chic lo fa in modo straordinario.”

Ugly chic non è solo una tendenza passeggera, ma una vera e propria rivoluzione culturale che rifiuta i canoni tradizionali di bellezza e perfezione. È un movimento che celebra il coraggio di esprimere ciò che si è, trasformando il diverso, l’imperfetto e il non convenzionale in simboli di forza e identità. Non si tratta semplicemente di abiti o di scelte estetiche, ma di un messaggio profondo che sfida le norme imposte da un mondo spesso ossessionato dall’apparenza. Tra i graffiti sbiaditi e le boutique vintage di Brooklyn, ugly chic ha trovato il suo humus ideale, mescolando l’energia grezza della strada con la creatività senza filtri di chi vive per esprimersi, non per conformarsi. Ma questa filosofia ha già travalicato i confini del quartiere, conquistando il cuore delle capitali della moda e influenzando intere generazioni. È una risposta al culto del filtro perfetto, una dichiarazione di libertà che grida: “Questo sono io, senza scuse né correzioni.”


Una rivoluzione culturale globale

Ugly chic ridefinisce ciò che consideriamo bello, sfidandoci a trovare valore e fascino nell’imprevisto, nell’asimmetrico, nel grezzo. È la celebrazione dell’unicità in un’epoca che tende a livellare tutto, dal gusto alla personalità. Più che uno stile, è un manifesto che invita ciascuno a riscrivere le regole, a trasformare le imperfezioni in firme personali, a vivere oltre i confini della convenzione.

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