Nel 2018, una delle più notevoli collezioni d’arte del ‘900 e contemporanea veniva generosamente condivisa, per la prima volta, con un vasto pubblico nella mostra WOW! presso il Leopold Museum di Vienna, da Heidi Goëss-Horten colei che l’aveva messa insieme negli anni con l’aiuto della sua brillante consulente Agnes Husslein-Arco ora Direttore della collezione e in quel momento managing director di Sotheby’s Austria.
Il museo privato, che oggi ospita la collezione dal 2022, è il riuscitissimo connubio tra tradizione e innovazione realizzato dalla “the next ENTERprise”. Grazie all’abile e saggia capacità di lettura e interpretativa da parte dello studio professionale del tessuto storico urbano del centro di Vienna che circonda l’edificio, che si viene a trovare nei pressi del Teatro dell’Opera e dell’Albertina, quando si accede al museo si ha immediatamente la sensazione di uno spazio flessibile che accoglie la collezione e il visitatore in un’interazione emozionale e sensoriale.
Nel preservare con rispetto e attenzione la struttura nel suo aspetto esterno che data al 1914 e che a quel tempo era destinata a ospitare uffici amministrativi dell’Arciduca Federico, all’interno ha preso vita e forma uno spazio moderno con piani espositivi sfalsati e scale sospese, galleggianti nel vuoto, che raccordano le varie parti di un organismo leggero e ampio nei suoi volumi.
Heidi Goëss-Horten e le Origini della Collezione
Heidi Goëss-Horten nasceva da padre incisore e artista che nel tempo libero si dedicava a realizzare paesaggi e ritratti; lei stessa si dedicava con passione sin da piccola a disegnare e a dipingere: Heidi e suo marito Helmut Horten avevano arredato la loro villa di Dusseldorf con le opere di Emil Nolde, Marc Chagall, e Lucas Cranach. Ma solamente all’inizio del 1990 e dopo la morte del marito, Heidi iniziava ad acquistare sistematicamente, sul mercato, alle aste e direttamente dagli artisti, opere notevoli per qualità, importanza e originalità che si sarebbero aggiunte a quelle già in suo possesso.
Oggi la collezione vanta un profilo internazionale che va dal Modernismo classico all’Espressionismo tedesco e internazionale, dall’Astrattismo degli anni ’60 del nostro novecento alla Pop Art americana con significative e interessanti opere di Andy Warhol, Jean-Michel Basquiat e Roy Lichtenstein per comprendere infine l’universo della scultura e dell’arte contemporanea.
Visioni e Intuizioni di Heidi
Heidi Goëss-Horten, lasciandosi guidare dal suo istinto, è stata anche un’incredibile visionaria, dotata di preziose e ineguagliabili intuizioni, come quando, a titolo esemplificativo, intorno al 1990 aveva iniziato a frequentare lo studio di George Condo dal quale era riuscita ad acquisire ben quindici opere nell’immediatezza della passione suscitata dall’universo espressivo e originale dell’artista che solo più tardi avrebbe ottenuto una notorietà internazionale nel mercato dell’arte. Lo stesso istinto e visione personale dell’arte avevano motivato Heidi a collezionare le opere di Francis Bacon, artista geniale irlandese della seconda parte del 1900, che si muoveva negli ambienti di Soho della Londra degli anni ’60 dove avrebbe incontrato Henrietta Moraes, modella e musa in quegli anni per un gruppo di artisti tra i quali si può ricordare Lucian Freud con il quale ebbe una relazione breve e dal quale fu ritratta per almeno tre volte.
Francis Bacon: L’Identità oltre l’Apparenza
Bacon ritrasse Henrietta per sedici volte sempre da fotografie scattate su sua commissione da John Deakin: dalla Collezione Horten abbiamo l’impressionante olio su tela del 1964 “Studio per Ritratto di Henrietta Moraes”, pennellate audaci ci consegnano un’immagine carnale e scomposta della donna, l’artista sferra il suo attacco all’involucro della pelle fino a lacerarlo, egli sembra voler indagare l’identità più profonda che si nasconde dietro l’apparenza. Non si può trascurare di porre in rilievo che l’artista, sin da giovanissimo, nutriva un’ossessione intima e violenta verso la propria identità sessuale arrivando a indossare la biancheria intima e i vestiti della madre.
L’angoscia esistenziale di ambiguità sessuale, che lo investe personalmente, si manifesta nei suoi ritratti di Henrietta e di George Dyer, il suo amante, con la negazione di qualsiasi annotazione teneramente sensuale e sessuale: avviene sotto i nostri occhi una violenza scatenata da una passione patologica e isterica che persegue la ricerca dell’identità più autentica, libera e spontanea, nell’andare oltre i confini dell’esteriorità ingannatrice e simulatrice. Nel caso particolare del suo amore, che si potrebbe definire caratterizzato da un accento “materno”, per Dyer, la sua ricerca affannosa e ansiosa della vera anima priva di orpelli e falsificazioni viene interrotta dal suicidio del compagno nel 1971 a Parigi a sole trentasei ore dall’inaugurazione della sua famosa retrospettiva al Grand Palais.
John Edwards: La Luce di una Nuova Fase
Con la tragica fine dell’amato, si apre una nuova fase nella vita artistica e sentimentale di Bacon che sembra giungere a una sua filosofica maturità; questa evoluzione risulta provata nella Collezione Horten dall’olio su tela del 1985 “Studio per un Ritratto di John Edwards”: il suo nuovo partner, con il quale vive un’intimità spirituale più che fisica, e che sarà infine il suo erede, è rappresentato di spalle, seduto su un alto sgabello da bar, come sospeso in un alone mistico, le linee di costruzione dello spazio brillano attraverso il suo corpo. John appare quale un essere celeste entrato nella vita di Bacon per offrirgli la serenità di una rivelazione che supera la realtà materiale. L’espressione sul volto dell’amico testimonia un momento di riflessione ed è ben resa nella sua trasparenza luminosa.
Un quadrato evidenzia maggiormente la testa di John nello sfumare dei contorni, i richiami al bianco puro, della camicia e di una delle facce del cubo, ci persuadono a solcare la soglia del reale per penetrare in una dimensione affettiva paradisiaca. La luce nel dipinto non è più violenta e proveniente dall’alto come accadeva nello “Studio per Ritratto di Henrietta Moraes”, non ci ritroviamo più nella sala operatoria dove l’artista dissezionava corpi per individuarne e ispezionarne la più celata identità fisica e spirituale, al contrario qui la luce è morbida e accarezza la realtà.
Riflessioni sull’Eredità Artistica
John Edwards in questo ritratto, con il suo nimbo quadrato-cubico, viene realizzato dall’artista come se si trattasse di una personalità di alto prestigio e dalla sicura autorevolezza morale e spirituale, degno partecipe di un evento importante in un consesso di santi, martiri e beati all’interno di un mosaico bizantino o di una pittura paleocristiana. Lo sguardo di John è assorbito da un’illuminazione interiore e rammenta l’arte degli antichi maestri fiamminghi che mostrava intenso e vissuto il dialogo del santo o dell’uomo con il Divino, invisibile a occhio umano piuttosto completamente concepito e nutrito nel cuore.
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