“Slava Ukraini!”…”Herojam slava!”, Gloria all’Ucraina, Gloria agli eroi!… Così si salutano dal 1917, anno della prima guerra d’indipendenza ucraina. Dal 2018 è il saluto ufficiale delle forze armate ucraine.
Inna Derusova: l’eroismo di una vita dedicata a salvare vite
Slava! per Inna Derusova, sergente medico di campo nella città di Okhtyrka. Il suo compito, la sua missione, salvare i feriti, le vittime dell’invasione russa.
È in licenza quando i russi invadono il paese. Potrebbe andarsene, decide di restare, c’è gente che ha bisogno di lei, delle sue cure. Quei militari: quelli sono stati colpiti dai proiettili esplosi da cecchini; altri sono stati presi in pieno dalle bombe vomitate dagli aerei che martellano la zona. Lavora instancabile per ore. Manca tutto, opera senza anestesia, amputa, blocca emorragie, rattoppa alla meglio ferite. Per due giorni di fila, via uno avanti l’altro, anche lei è sotto il fuoco del nemico, non importa. Quel giorno ne salva almeno dieci di soldati; poi è lei ad essere colpita, e non c’è nulla da fare, quell’ennesimo bombardamento non dà scampo. È proclamata “Eroe dell’Ucraina”, per “il coraggio personale e l’eroismo dimostrato” le conferiscono, postuma, la Stella d’Oro: “Inna Derusova è rimasta con loro fino alla fine”.
Laureata all’università pedagogica di Ternopil, nell’ovest dell’Ucraina, Inna si arruola durante la prima crisi del Donbass, entra nell’esercito nel 2015 fa parte del servizio medico. I suoi modi decisi e cortesi, la sua competenza ed efficienza fanno sì che presto diventi un punto di riferimento del reparto. Assume la qualifica di capo del centro medico ed istruttrice sanitaria: di fatto l’interlocutrice a cui si rivolgono tutti i nuovi medici. Lei ascolta, lei risolve i problemi, lei sa con chi e quando parlare. “Tutti conoscevano e rispettavano Inna per la sua professionalità e sensibilità”, raccontano i colleghi. “Era una donna affascinante, un’amica meravigliosa, una persona gentile, sincera, dedicata e laboriosa”.
Morta mentre salvava vite. È la tragedia di un popolo aggredito, che cerca disperatamente di non soccombere, la tragedia di una generazione sterminata da tre anni di guerra senza quartiere; c’è anche una dolorosissima ferita inferta da Putin e i suoi complici a migliaia di inermi innocenti, colpevoli solo di vivere nel posto “sbagliato”.
Il lato oscuro dell’invasione russa in Ucraina
Una questione nata con l’aggressione, tre anni fa: quando i primi bambini ucraini vengono letteralmente deportati alla vigilia dell’invasione russa dell’Ucraina. Poi si continua, con metodo. Li raccolgono in campi di custodia russi disseminati in Crimea, vicino Mosca, Kazan, a Ekaterinburg, nella lontana Siberia. “Adottati” da famiglie russe, sono sottoposti a veri e propri lavaggi del cervello.
Esiste una copiosa documentazione realizzata dall’università di Yale e dal passato Dipartimento di Stato USA. Questi bambini sono vittime di un progetto che i russi definiscono di “assistenza” per salvarli dalla guerra, evacuati “per il loro bene”. A volte sono disabili, come i giovani di Oleshky, nella regione di Kherson: sono stati fatti salire su dei pullman e portati in Crimea, affidati a famiglie russe o rinchiusi in centri di “rieducazione”. Putin firma un decreto per rendere più veloci le pratiche per l’adozione; solo una minima parte è stata restituita alle famiglie d’origine. Degli altri non se ne sa più nulla.
Kijv sostiene che sono almeno ventimila i bambini portati in Russia anche se c’è chi azzarda siano dieci volte di più. Sottoposti ad un programma sistematico di “rieducazione”. Il britannico Guardian ha raccontato la storia di uno di questi piccoli deportati. Gli insegnanti e i compagni della nuova scuola che frequentava “Ogni giorno mi dicevano che sarei rimasta qui per sempre e che non avrei mai lasciato la Russia. Mi dicevano che l’Ucraina non esiste, che non è mai esistita, che siamo tutti russi… A volte gli altri ragazzi mi picchiavano perché ero filo-ucraina”.
Anche per questi rapimenti il Tribunale penale internazionale ha emesso mandato di cattura nei confronti di Putin e del commissario russo per l’infanzia, Maria Lvova-Belova.
L’accusa è che la Russia ha agito con “l’intenzione di rimuovere permanentemente” i bambini dall’Ucraina. Putin non solo intende distruggere la nazione ucraina: come Stalin a suo tempo, vuole recidere i legami familiari e cancellare l’identità ucraina dei bambini deportati. La britannica BBC, ha scoperto che i bambini prelevati da un orfanotrofio di Kherson sono stati portati a Mosca, sono stati forniti di nuovi documenti con nomi modificati e li si dichiarava nati in Russia. Il già citato studio dell’Università di Yale rileva che tra il settembre 2022 e il maggio 2023, oltre 2.400 bambini ucraini tra i 6 e i 17 anni sono stati deportati in Bielorussia dalle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhya, occupate dall’esercito russo.
Il presidente bielorusso Lukashenko, fedelissimo di Putin, come un bonario zio, ad un gruppo di bambini deportati, ha promesso di “abbracciarli, portarli nelle nostre case, tenerli al caldo e rendere la loro infanzia più felice”.Nel piatto dei negoziati, della trattativa, quei bambini rapiti e scomparsi non compaiono: solo “terre rare”, possibili esili, porzioni più o meno vasti di territorio da smembrare… Quelle migliaia di bambini ucraini rapiti, fantasmi che non sembra interessino a nessuno. Eppure, anche loro rientrano nel “Slava ukraini! Herojam slava!”.
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