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Il governo nel tempo dell’instabilità

IL RISCHIO DI UNA LENTA DISGREGAZIONE E IL FUTURO DI UNA NAZIONE

da Daniele Venturi
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La politica italiana è da sempre un esercizio costante di metodiche instabili, una vera e propria partita a scacchi giocata su più livelli, dove ogni mossa può cambiare le sorti di un governo. Oggi, nel pieno di una congiuntura economica e politica complessa, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni si trova a dover affrontare uno dei suoi momenti più delicati. La mozione di sfiducia alla Ministra del Turismo Daniela Santanchè, sollevata dall’opposizione e discussa in Parlamento, è solo la punta dell’iceberg di una tensione crescente che potrebbe avere conseguenze ben più profonde. Non è certo compito di questo settimanale prendere posizione alcuna a tal proposito, ma come è nostra caratteristica, ci limitiamo a riportare i fatti, offrendo alcune prospettive.


La mozione di sfiducia a Santanchè: segnale di fragilità?

La vera domanda non è se la Ministra Santanchè resterà al suo posto. Piuttosto, il nodo da sciogliere è se questo governo abbia la tenuta necessaria per reggere l’impatto di una sequenza di scossoni politici sempre più ravvicinati.

Dopo il caso Sangiuliano, con il Ministro della Cultura travolto, ora il rischio di una nuova crepa si fa concreto. Dalla cultura al turismo, due settori fondamentali per la nazione, fiori all’occhiello da far sbocciare e non collassare. Un esecutivo che perde pezzi senza una strategia chiara per ricomporre l’unità interna è destinato a logorarsi progressivamente, fino a un punto in cui il suo stesso proseguire potrebbe diventare insostenibile. Berlusconi docet.

Le mozioni di sfiducia sono strumenti legittimi di controllo parlamentare, meccanismi che fanno parte innanzitutto del percorso democratico. Ma il loro impatto non è solo tecnico e procedurale, bensì profondamente politico e simbolico. La richiesta di dimissioni della Ministra Santanchè non è un evento isolato, ma si inserisce in un più ampio scenario di pressione istituzionale e di posizionamenti strategici all’interno della stessa maggioranza.


Lega e Forza Italia prendono le distanze:

L’atteggiamento degli alleati della Premier nella gestione di questa vicenda appare più prudente che mai. Forza Italia e Lega hanno scelto di mantenere un profilo basso, lasciando intendere che la vicenda non riguarda solo la Ministra in sé, ma tocca l’intero assetto dell’attuale governo.

L’assenza di numerosi parlamentari della maggioranza durante la discussione della mozione non è un dettaglio irrilevante: è un segnale di distanza, se non di vero e proprio disimpegno, che potrebbe diventare ancora più marcato nei prossimi mesi. E ci torna in mente una ‘vecchia copertina’ del Pensiero Settimanale, intitolata ‘Meloni bis’: chi la ricorda? Se fossimo davvero ‘bravini’ nel nostro lavoro, le cose dovremmo provare a dirvele in anticipo, ove possiamo.

Da sempre, i governi italiani non crollano con un evento eclatante, ma per una serie di spinte centrifughe che ne minano progressivamente la stabilità. Se si guarda la storia recente, si scopre che gli esecutivi cadono raramente per una mozione di sfiducia, ma quasi sempre per un progressivo logoramento. L’elemento chiave non è dunque il singolo voto in Aula, ma il contesto in cui si sviluppa.


Un governo che perde pezzi può essere ancora credibile?

La stabilità di un governo non si misura solo dal numero di ministri sfiduciati o dalle mozioni parlamentari. Si misura dalla capacità di mantenere una narrazione di solidità e affidabilità agli occhi dell’opinione pubblica. E su questo punto il governo Meloni si trova davanti a una sfida complicata. Non è senza soluzioni, ma ci vuole sicuramente un nuovo slancio, innanzitutto di Donna Giorgia.

Negli ultimi mesi, il susseguirsi di polemiche, di tensioni interne e di scontri con l’opposizione ha generato un senso di fragilità crescente. Un esecutivo che nasce con una forte investitura popolare, ha il dovere di dimostrare continuità, determinazione e compattezza. Dobbiamo però approfondire un aspetto: se le crisi interne si moltiplicano e se l’immagine che arriva ai cittadini è quella di un governo che lotta più per mantenere il proprio assetto che per governare il Paese, la perdita di consenso potrebbe diventare una minaccia concreta. 

Le crepe all’interno della coalizione sono visibili. Fratelli d’Italia è il baricentro della maggioranza, ma Lega e Forza Italia stanno già delineando strategie autonome per massimizzare il proprio consenso in vista delle elezioni europee. La politica italiana ha dimostrato più volte che le alleanze, soprattutto quelle tra forze di centrodestra, sono solide solo finché tutti gli attori coinvolti ritengono di avere più da guadagnare che da perdere.

La verità va detta, e lo abbiamo appena fatto.  Ma c’è un tema più profondo da affrontare.

La crisi della politica italiana non è solo un problema del governo attuale, ma una questione strutturale. Negli ultimi due decenni, il Paese ha vissuto un continuo alternarsi di governi tecnici, maggioranze frammentate e rimpasti ministeriali, senza mai trovare una vera stabilità. La domanda fondamentale è questa: l’Italia è ancora un Paese in cui è possibile governare con continuità, oppure è ormai destinata a un modello di politica perennemente precaria?

Il rischio è che ci si abitui all’idea che ogni governo sia un’entità fragile, temporanea e condizionata da equilibri instabili. Questo porta a due conseguenze: da un lato, una politica che non riesce mai a esprimere una visione di lungo periodo, perché troppo concentrata sul mantenere il potere nel breve termine. Dall’altro, un senso di sfiducia crescente nei cittadini, che percepiscono le istituzioni come incapaci di dare risposte concrete ai problemi del Paese. Se il governo Meloni vuole evitare questa trappola, dovrà fare molto più che difendere singoli ministri dalle mozioni di sfiducia. Dovrà ricostruire una credibilità politica che passi attraverso riforme reali, scelte coraggiose e una maggiore stabilità nei rapporti interni alla maggioranza.


Italia e instabilità politica: un problema strutturale?

In politica, il destino di un governo non è mai scritto. Ci sono esecutivi che hanno resistito contro ogni previsione, e altri che sono caduti quando sembravano inattaccabili. Il governo Meloni si trova oggi a un bivio fondamentale: può scegliere di rafforzarsi, lavorando sulla coesione interna e sulla costruzione di una visione a lungo termine. Oppure, può lasciarsi trascinare da un lento e inesorabile processo di logoramento, in cui ogni polemica, ogni scissione, ogni crisi interna sarà solo un passo verso un’implosione finale.

La politica italiana è fatta di cicli. Il rischio è che questo governo stia entrando in un ciclo discendente, in cui l’instabilità non è più un ostacolo momentaneo, ma la nuova normalità. Ed è proprio questa la domanda più inquietante: siamo ancora capaci di concepire un’Italia governata con stabilità, o dobbiamo abituarci ad un eterno presente fatto di precarietà e frammentazione?


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