“Siate sempre orgogliosi di quello che siete, la bellezza non è nel conformismo ma nell’unicità di ognuno di noi”
Rinaldo Sidoli
Mi rendo conto che sono nata in una società che non ho scelto, ma che, volente o dolente, mi include nel pacchetto. Una società che spinge all’omologazione, con la stessa insistenza di un pescivendolo al banco del mercato. È una società che soffoca l’individualità, deride le passioni, schiva la diversità, come un gatto fa con l’acqua, e guarda con sospetto chi osa pensare fuori dagli schemi. Teme il diverso, lo allontana, lo etichetta come “strano” soltanto perché non rispetta le regole, gli schemi, perché non si accontenta di camminare in fila indiana. In questo articolo vorrei provare a riflettere sul significato della parola conformista, raccontare di chi invece di piegarsi ha scelto di seguire la propria strada. Di chi ha osato disubbidire al sistema, non per ribellione sterile, ma per restare fedele a sé stesso. Di chi ha combattuto e combatte con tutto sé stesso l’ipocrisia di un pensiero unico, dimostrando che essere autentici, oggi, è un vero atto di coraggio.
E così pare che il nostro destino sia prendere posto in fila. Ordine, disciplina, conformità.
Il programma perfetto per diventare cittadini modello, o scimmiette ammaestrate. Me lo hanno insegnano fin da bambina, quando a scuola mi mettevano in riga, con la stessa precisione con cui si allineano le bottiglie di vino sugli scaffali delle cantine. La maestra me lo ripeteva con la calma e la determinazione di un domatore che al primo sgarro alza la frusta. Un passo falso, un movimento azzardato ed ero fuori.
Il mio spettacolo finiva lì, con quel suo ruggito furioso e una nota sul quaderno. Bisognava restare allineati, composti, ordinati, come le parole scritte sul quaderno ben dritte e senza sbavature. Guai ad uscire dai margini! E poi le file epiche: schierati per classi durante le commemorazioni nazionali, immobile trattenendo il respiro e petto in fuori, spalle dritte come soldato, nella speranza che la cerimonia finisse presto per paura di svenire dal freddo. In fila con il braccio scoperto per fare le vaccinazioni, come vitelli al macello, sperando che l’infermiera avesse la mira giusta, per un solo buco, un solo grido. File, file, file. A scuola, al supermercato, al bagno, alla posta, dal medico, in auto. Parola d’ordine in questa società è: “Guai a chi sgarra”. Perché uscire dalle fila, significa attirare sguardi sospetti, essere bersaglio di critiche, di emarginazione e di una solitudine imposta.
Ci sono uomini che hanno pagato con la vita il coraggio di andare contro corrente, di restare fedeli alla propria autenticità, di ascoltare il proprio pensiero. Ecco alcuni di questi autentici ribelli.
Aleksandr Solzenicyn lo scrittore che ha smascherato e denunciato il sistema repressivo del regime sovietico con la sola arma che possedeva: la parola. Contrario al regime fu arrestato per aver scritto lettere private in cui criticava Stalin. Ho conosciuto la sua storia attraverso la lettura del suo libro Arcipelago Gulag, un’opera che scoperchia gli orrori del totalitarismo comunista. Un libro forte, che ti sfonda lo stomaco, pesante quanto tutto il dolore che contiene. Un grido di denuncia, un viaggio nell’orrore nascosto nei campi di prigionia sovietici, dove l’autore svela con spietata lucidità le torture e il processo di disumanizzazione dei prigionieri.
È un’opera che dà voce ai dimenticati, una denuncia letteraria in cui si svela il volto brutale di un sistema che annienta, costringendo delle larve umane alla sopravvivenza tra gelo, fame, terrore, torture, isolamento. E con esso un uomo che ha pagato caro il prezzo della verità combattendo il totalitarismo, non con le armi ma con le parole.
E ancora un’altra ribelle autentica si tratta di Malala Yousafzai, nata nel 1997 in Pakistan, in una regione che all’epoca era controllata dai Talebani, dove alle ragazze era vietato studiare e frequentare la scuola. Ma lei non si è piegata. Fin da piccola Malala aveva dimostrato sete di conoscenza e un coraggio straordinario. All’età di 11 anni iniziò a scrivere un blog anonimo per la BBC, raccontando al mondo la brutalità del regime e la sua determinazione a non rinunciare all’istruzione. A 15 anni è stata vittima di un attentato che voleva mettere a tacere la sua voce scomoda. Un talebano la colpì con un colpo di pistola alla testa mentre era sull’autobus scolastico.
Sopravvissuta per miracolo fu trasferita nel Regno Unito per ricevere cure e da lì perseverò una battaglia globale per i diritti all’istruzione femminile. Nel 2014 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace a soli 17 anni. Ancora oggi continua la sua missione portandola in alto come una bandiera ricordandoci che: “Un bambino, un insegnante, un libro, possono cambiare il mondo”.
E che dire di Rosa Parks nata in Alabama agli inizi del secolo scorso, uno degli stati più razzisti degli Stati Uniti che considera le persone di colore esseri di serie B. C’erano infatti a quell’epoca le scuole separate, posti separati e diritti negati. Ho conosciuto Rosa attraverso un bellissimo film, potente è la scena in cui lei con un semplice ma determinato “No” ha fatto la storia. Come tutte le mattine Rosa prendeva l’autobus per andare al lavoro sedendosi al posto riservato ai neri. Quel primo dicembre del 1955 l’autista le ordinò di cedere il posto ad un uomo bianco. Rosa disse semplicemente “No” con consapevolezza e coraggio.
Quel gesto le costò l’arresto, ma accese i riflettori per la lotta dei diritti civili, diventando il simbolo della resistenza non violenta. Non aveva gridato né imbracciato fucili, si era soltanto rifiutata di alzarsi.
E noi? Cosa facciamo noi per cambiare la nostra vita? Per invertire la rotta di questa barca senza più remi, né timone, spinta dalle correnti verso le cascate dell’omologazione? Accettiamo senza reagire la catastrofe della nostra identità? Ci lasciamo smantellare un pezzo alla volta, senza provarne dolore, finché di noi non resta che un’ombra sbiadita, pronta per essere fusa in un unico inevitabile stampo? Io ci penso spesso. E voi?
Leggi anche:
- Il fenomeno Dimash Qudaibergen
- Il coraggio di essere autentici in un mondo conformista
- Inchiesta sulle indulgenze (Seconda Parte)
- Le malattie del benessere
- Guerra atomica