Un tempo la vita di coppia seguiva un percorso ben definito, anzi dettato da convenzioni sociali ed aspettative familiari, che si caratterizzava per una tempestiva ricerca di un figlio e l’avvio alla realizzazione di una cosiddetta famiglia. Un tempo dicevo, perché al giorno d’oggi una nuova, e sottolineo coraggiosa scelta di vita illumina giovani e meno giovani coppie a rinunciare consapevolmente a mettere al mondo figli, non per rifiuto di responsabilità, ma per ponderata scelta che vuole un benessere individuale privo di condivisioni di tempo con chi di tempo ne richiede più̀ che abbastanza.
Stiamo parlando di coppie cosiddette “Dink”, coppie che spopolano sui social inneggiando ad uno stato di felicità insperata e che hanno la caratteristica di poter godere di un doppio stipendio da non dover dividere con alcun minore.
Perché molte coppie scelgono di non diventare genitori: il fenomeno Dink spiegato
Non si tratta di una moda del momento, ma di un fenomeno assai diffuso che intanto vuole dettare una condizione di felicità raggiungibile anche senza un neonato tra le braccia, e una libertà nel disporre di finanze e movimentate giornate che non includano corse verso asili, appuntamenti da pediatri e feste di compleanno con animatori da rianimare. Le famiglie kids free sono in aumento anche in Italia, e se la scelta viene considerata egoistica, in realtà dietro ad una rinuncia così importante c’è, invece, una profonda considerazione di vita di chi vuole dare il massimo nella professione, e tutto il proprio amore ad un compagno/a di vita che non sia distrutto da dinamiche genitoriali troppo incombenti.
Ovviamente queste coppie o meglio famiglie “Dink”, perché sempre di famiglie si tratta, vengono additate e criticate come nucleo egoistico di chi non vuole dividersi materialmente ed affettivamente con nuove vite a venire.
In realtà, i problemi di gestione di un figlio presuppongono tanto amore, pazienza e volontà ad accogliere e seguire una nuova strada affettiva dinanzi alla quale spesso non si è preparati, e mai si sarà. Non è da tutti sopportare certi ritmi, gestire il quotidiano e le nottate fatte non di spritz e gin tonic, ma di poppate e biberon agitati con la modalità barman.
Un’analisi delle scelte che sfidano le convenzioni sociali
Non tutti si sentono all’altezza di vivere situazioni allo stremo delle forze fisiche, o responsabilità che non ti abbandonano h24, o saggi pietrificanti alla scuola materna, o gruppi whatsapp di genitori in rivolta fin dalle elementari. Si tratta di scelte, a volte molto sagge, di chi prevede di non poter dare amore, presenza, pazienza, assiduità, tempo. Soprattutto tempo. Sono i più maturi, gli elucubratori, i soggetti di pensieri intrusivi quelli che rinunciano a tanto, e lo sanno a quanto rinunciano, sono i più̀ accorti, eppure vengono additati come mostri senza cuore.
Non saranno i più lungimiranti? Quelli che confessano di non riuscire a dare abbastanza, di non avere la costanza di alimentare una vita nuova, di non avere le risorse economiche per soddisfare bisogni e necessità? Sbotteranno i più “ma un figlio è una scelta d’amore, non è un fatto economico”, verissimo! Ma è una scelta d’amore che necessita di alimentarsi e avere ciò che serve per crescere, per stare bene al mondo, è avere tempo per incrociare lo sguardo e le voci di chi lo ha generato, voci e attenzioni che non siano quelle mercenarie di improbabili babysitter e nonni sull’orlo del collasso.
La strada che sembra normalmente percorsa da intere generazioni, in realtà è una strada altimetrica e non tutti hanno i fuoristrada per percorrerla al meglio, senza scossoni ed incidenti di percorso.
Non è un caso se a sostegno di queste scelte impopolari delle famiglie Dink, è stata persino istituita una giornata celebrativa: la International Childfree Day che ricorre il 1 agosto di ogni anno. Cito fonte autorevole, è l’Istat nel report Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita a sottolineare che il 45,4% delle donne sceglie di non diventare madre. E inoltre per il 17,4% la maternità non rientra nei programmi di vita futuri. Dati analoghi arrivano da Inghilterra e Galles dove un sondaggio del 2020 sottolineava come il 51% delle donne tra i 35 e i 44 anni non aveva figli, né programmava di averne. A colpire il tutto è che i motivi della scelta non sono legati a questioni economiche o di salute.
Le famiglie Dink, l’acronimo sta per Double Income no kids, stanno diventando un vero fenomeno sociale, probabilmente incrementato da ritmi di lavoro pressanti, da uno stress a star dietro al famoso orologio biologico che per le donne equivale ad una ghigliottina temporale a cui è difficile sottostare, e anche a calcoli poco romantici di quanto costi allevare un figlio. Quanto costa? I dati affermano che servono circa 175.000 euro per crescere un figlio fino ai 18 anni. A mio avviso dato analizzato al ribasso. Questo che sta diventando un trend globale che occorrerebbe invertire con maggiori aiuti in tempo e denaro per i giovani genitori di oggi, nasconde certo molto altro che un’allegra considerazione di volersi concentrare su sé stessi senza dividere il tutto con nessuno, neanche con un figlio.
C’è la paura di un futuro che non corrisponde ad un programma di felicità e serenità per una serie di preoccupazioni più incombenti.
Forse bisognerebbe superare le paure che spesso non ci consentono un’obiettiva scelta di vita. Superare il giudizio altrui, il timore di non essere dei buoni genitori, di non essere in grado di andare oltre i racconti degli esperti su come si deve essere genitori, perché i primi della classe (in qualsiasi categoria, e a maggior ragione in quella genitoriale) ci sono sempre e faranno di tutto per farti sentire inadeguato, criticabile, di secondo piano. Eppure dietro a queste paure che riflettono insicurezza personale e una sensibilità di chi lascia la mente aperta a pensieri insistenti si nascondono coppie che sanno benissimo di rinunciare a un mondo insostituibile, troppo grande affettivamente da potersi gestire senza riportarne ferite.
Un figlio è una propaggine di te, una penisola protesa in un mare di emozioni
Inutile sottolineare che guardando un figlio si ha la possibilità di vedere la parte migliore di sé, di sentirsi il centro del mondo quando lo lasci al nido e andando via senti i suoi pianti disperati, di essere soggetto di un amore totalizzante come mai, quello stesso che sembra svanire quando le intemperie adolescenziali ti travolgono e ti annullano stravolgendo rapporti fino a poco prima solidissimi.
Un figlio continua a farti crescere, a farti confrontare con arrampicate continue sperando di riconquistare la vetta. E quando la vetta la raggiungi non c’è felicità più grande, sei veramente il padrone del mondo. Occorre tempo, tanto tempo per riuscire a cogliere amore in ogni sguardo filiale, occorre dedizione, sacrificio, allenamento, costanza, l’amore materno è istinto, ma vuole addestramento e sarai ripagato fino in fondo, tanto da sentirti centrato in un mondo in evoluzione continua. E se tutto questo non sarà possibile per scelta personale, ciò sarà una rispettabile opzione a cui ognuno può ambire senza il diniego altrui.
Il futuro delle famiglie
Molte famiglie Dink, dicono i sondaggi, amano accogliere nel loro quotidiano animali domestici a cui affidare carezze e attenzioni, si danno a loro senza tregua, in un accudimento continuo che mira al benessere dello stesso, detentore di quella fetta di affettività estranea alla coppia che soddisfa bisogni di effusioni di altro genere.
Sono forse molto altro queste famiglie Dink, piuttosto che freddi manager insensibili a forme di affetto esterne, sono in grado di dare, ma bloccati da paure insensate (per quanto obiettive), sono coraggiose queste famiglie Dink perché rinunciano al bastone della vecchiaia che nei figli trova la più naturale materializzazione. Ma i figli non sono i badanti del domani, sono gli affetti che speri di trovare accanto fino alla fine, ma sono esseri che meritano di vivere senza essere soffocati da obblighi e bisogni. Una pubblicità di una nota marca di orologi recitava “le cose belle non ci appartengono, semplicemente si custodiscono”. E questo i Dink lo sanno bene.
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